Michelangelo, giovane scrittore in erba e disoccupato, perde la voglia di seguire la sua passione dopo la morte del padre: mentre la madre preme affinchè il figlio trovi un lavoro stabile, la sorella cerca in tutti i modi di farlo tornare alla scrittura. Antonio, proprietario della fabbrica dove lavorava il padre di Michelangelo, si trova costretto ad affrontare non solo la perdita prematura della figlia, ma anche a sostenere la moglie Marta, incapace di elaborare a dovere il gravoso lutto. Giulia, neo-mamma da quasi un mese, non può godere delle gioie della maternità perchè il marito, Massimo, è finito in coma proprio pochi giorni prima del lieto evento.
Il film d’esordio del giovane regista Samuele Rossi (scritto dallo stesso insieme a Francesca Galli e Daniela Mitta, e anche co-prodotto) è un’Opera prima di tutto rispetto. Le tre vicende che compongono la trama di La Strada Verso Casa descrivono tre diversi “distacchi”, più o meno definitivi (la morte, sia di un padre che di una figlia, ma anche il coma di un marito), e conseguentemente tre diversi modi di affrontarli, ma anche tre età differenti: soprattutto qui sta la bravura degli sceneggiatori, capaci di descrivere con credibile realismo tre diversi gradi di maturità dell’essere umano, dal ragazzo all’anziano, passando per il “giovane adulto”. A voler essere più puntali, anzi, è quasi paradossale che la vicenda più debole risulti proprio quella dei “giovani”, a tratti un po’ forzata emotivamente, mentre è da elogiare soprattutto la costruzione del personaggio di Giulia e lo svilupparsi della sua storia: era difficile non scadere nel patetico o nel ridicolo, ma il trio ha evitato alla grande tutti i clichè e gli eccessi del caso, creando un personaggio equilibrato nella sua tenacia e nell’amore verso il marito.
La regia è molto sapiente, cinematografica, e sfrutta numerosi primi piani (molto stretti) per mettere in evidenza i veri “protagonisti” del film: i silenzi e gli sguardi. Com’è stato sottolineato, La Strada Verso Casa è un film d’attori, nel senso che le tre vicende devono la propria forza su quello che non si dice, quello che rimane dentro ai personaggi, quello che non riescono (o non vogliono) dire. In questo senso, l’attore e (soprattutto) l’espressione del viso contano molto: ecco quindi che, efficacemente, la regia si concentra nel raccogliere quegli sguardi, quei momenti di riflessione interiore dove le tribolazioni del personaggio emergono impercettibilmente sul volto, per essere condivise con lo spettatore. La staticità delle inquadrature sottolinea “visivamente” lo stato d’animo dei protagonisti, bloccati da un dolore troppo grande che non riescono (o non sanno) condividere con gli altri. L’unico momento più “dinamico” è lo snodo centrale alla fabbrica di Antonio, dove il regista ha usato una telecamera a mano, dando un’improvvisa accelerata al ritmo: non tutti hanno apprezzato, ma qui al Cinemalato la scelta è sembrata corretta, perché il cambio registico sottolinea maggiormente quello che è il momento di rottura dell’equilibrio narrativo.
Si diceva che la pellicola è un film di attori, e come non elencare le magnifiche prove del cast di La Strada Verso Casa? Partendo da Giorgio Colangeli (il suo Antonio è una maschera di dolore per niente retorica, dosata con sapiente maestria recitativa), proseguendo con la sua consorte “filmica” (Maria Teresa Bax, magnifica fragile Marta), passando alla brava coppia giovane (Alessandro Marverti e Cecilia Albertini, anche se quest’ultima è più a fuoco del primo, talvolta troppo esagitato nella recitazione) e concludendo con Roberta Caronia (se Giulia è un gran personaggio il merito è anche suo e della sua prova, controllata eppure intensa, nonchè la migliore del film per quel che mi riguarda), gli attori si meritano un doppio plauso: oltre alla bravura, si aggiunge infatti la straordinaria “generosità” professionale, visto che tutti hanno aderito al progetto senza richiedere compenso. Fa sempre piacere vedere che le persone credono nel Cinema giovane, soprattutto quando a farlo sono nomi conosciuti come quello di Colangeli: evidentemente (e fortunatamente) non tutti sono attaccati in maniera irreparabile al dio Quattrino.
E’ ovvio che la pellicola risenta di un’immaturità Cinematografica propria delle opere prime: ad esempio la rottura dell’equilibrio è un po’ forzata a livello narrativo (la famosa scena “dinamica” di cui parlavo prima), e il discorso finale alla Big Kahuna in Voice Over un po’ fuori fuoco (in un film fatto perlopiù di silenzio, un finale così parlato risulta stonato). Una critica che è stata mossa alla pellicola è quella di essere “troppo drammatica”, etichetta che non ho decisamente capito: l’esordio di Rossi ha, al contrario, un ottimo equilibrio fra drammatico e patetico (non si scade mai nell’eccesso, pur raccontando di un dolore così profondo), equilibrio senza dubbio da elogiare, ma che conduce ad un secondo punto debole, ovverosia un finale troppo “lieto” (ben due storie su tre si concludono positivamente, e il finale di Giulia e Massimo sembra un po’ “Americano”). Anche la scena del sogno non è ben gestita, ma qui il regista stesso ha fatto un mezzo “mea culpa”.
Per concludere, non sapendo bene cosa inserire nella MOVIEQUOTE, dato che come detto si tratta di un film decisamente intimista, termino la mia recensione con un magnifico brano tratto dalla OST di La Strada Verso Casa: la colonna sonora di Giuseppe Cassaro, infatti, è la grande protagonista femminile, capace di sottolineare quei silenzi e quegli sguardi di cui prima parlavo con semplice intensità. Parallelo musicale di un film semplice ma diretto, forse immaturo, ma di quella immaturità propria di chi ha passione per la Settima Arte e nello slancio perde a volte la messa a fuoco delle cose, quella passione che sa dimostrare che pure in una situazione “no-budget” (appena 65.000 euro) è possibile immaginare, sognare, ed infine creare.
VOTO: 3,5/5
MOVIEQUOTE
LEGENDA VOTI
5/5=10 4,5/5=9 4/5= 8 3,5/5=7,5 3/5=7 2,5/5=6 2/5=5 1,5/5=4 1/5=3 0,5/5=2 0/5=0