La Strada Verso Casa (2011)

Michelangelo, giovane scrittore in erba e disoccupato, perde la voglia di seguire la sua passione dopo la morte del padre: mentre la madre preme affinchè il figlio trovi un lavoro stabile, la sorella cerca in tutti i modi di farlo tornare alla scrittura. Antonio, proprietario della fabbrica dove lavorava il padre di Michelangelo, si trova costretto ad affrontare non solo la perdita prematura della figlia, ma anche a sostenere la moglie Marta, incapace di elaborare a dovere il gravoso lutto. Giulia, neo-mamma da quasi un mese, non può godere delle gioie della maternità perchè il marito, Massimo, è finito in coma proprio pochi giorni prima del lieto evento.

Il film d’esordio del giovane regista Samuele Rossi (scritto dallo stesso insieme a Francesca Galli e Daniela Mitta, e anche co-prodotto) è un’Opera prima di tutto rispetto. Le tre vicende che compongono la trama di La Strada Verso Casa descrivono tre diversi “distacchi”, più o meno definitivi (la morte, sia di un padre che di una figlia, ma anche il coma di un marito), e conseguentemente tre diversi modi di affrontarli, ma anche tre età differenti: soprattutto qui sta la bravura degli sceneggiatori, capaci di descrivere con credibile realismo tre diversi gradi di maturità dell’essere umano, dal ragazzo all’anziano, passando per il “giovane adulto”. A voler essere più puntali, anzi, è quasi paradossale che la vicenda più debole risulti proprio quella dei “giovani”, a tratti un po’ forzata emotivamente, mentre è da elogiare soprattutto la costruzione del personaggio di Giulia e lo svilupparsi della sua storia: era difficile non scadere nel patetico o nel ridicolo, ma il trio ha evitato alla grande tutti i clichè e gli eccessi del caso, creando un personaggio equilibrato nella sua tenacia e  nell’amore verso il marito.

La regia è molto sapiente, cinematografica, e sfrutta numerosi primi piani (molto stretti) per mettere in evidenza i veri “protagonisti” del film: i silenzi e gli sguardi. Com’è stato sottolineato, La Strada Verso Casa è un film d’attori, nel senso che le tre vicende devono la propria forza su quello che non si dice, quello che rimane dentro ai personaggi, quello che non riescono (o non vogliono) dire. In questo senso, l’attore e (soprattutto) l’espressione del viso contano molto: ecco quindi che, efficacemente, la regia si concentra nel raccogliere quegli sguardi, quei momenti di riflessione interiore dove le tribolazioni del personaggio emergono impercettibilmente sul volto, per essere condivise con lo spettatore. La staticità delle inquadrature sottolinea “visivamente” lo stato d’animo dei protagonisti, bloccati da un dolore troppo grande che non riescono (o non sanno) condividere con gli altri. L’unico momento più “dinamico” è lo snodo centrale alla fabbrica di Antonio, dove il regista ha usato una telecamera a mano, dando un’improvvisa accelerata al ritmo: non tutti hanno apprezzato, ma qui al Cinemalato la scelta è sembrata corretta, perché il cambio registico sottolinea maggiormente quello che è il momento di rottura dell’equilibrio narrativo.

Si diceva che la pellicola è un film di attori, e come non elencare le magnifiche prove del cast di La Strada Verso Casa? Partendo da Giorgio Colangeli (il suo Antonio è una maschera di dolore per niente retorica, dosata con sapiente maestria recitativa), proseguendo con la sua consorte “filmica” (Maria Teresa Bax, magnifica fragile Marta), passando alla brava coppia giovane (Alessandro Marverti e Cecilia Albertini, anche se quest’ultima è più a fuoco del primo, talvolta troppo esagitato nella recitazione) e concludendo con Roberta Caronia (se Giulia è un gran personaggio il merito è anche suo e della sua prova, controllata eppure intensa, nonchè la migliore del film per quel che mi riguarda), gli attori si meritano un doppio plauso: oltre alla bravura, si aggiunge infatti la straordinaria “generosità” professionale, visto che tutti hanno aderito al progetto senza richiedere compenso. Fa sempre piacere vedere che le persone credono nel Cinema giovane, soprattutto quando a farlo sono nomi conosciuti come quello di Colangeli: evidentemente (e fortunatamente) non tutti sono attaccati in maniera irreparabile al dio Quattrino.

E’ ovvio che la pellicola risenta di un’immaturità Cinematografica propria delle opere prime: ad esempio la rottura dell’equilibrio è un po’ forzata a livello narrativo (la famosa scena “dinamica” di cui parlavo prima), e il discorso finale alla Big Kahuna in Voice Over un po’ fuori fuoco (in un film fatto perlopiù di silenzio, un finale così parlato risulta stonato). Una critica che è stata mossa alla pellicola è quella di essere “troppo drammatica”, etichetta che non ho decisamente capito: l’esordio di Rossi ha, al contrario, un ottimo equilibrio fra drammatico e patetico (non si scade mai nell’eccesso, pur raccontando di un dolore così profondo), equilibrio senza dubbio da elogiare, ma che conduce ad un secondo punto debole, ovverosia un finale troppo “lieto” (ben due storie su tre si concludono positivamente, e il finale di Giulia  e Massimo sembra un po’ “Americano”). Anche la scena del sogno non è ben gestita, ma qui il regista stesso ha fatto un mezzo “mea culpa”.

Per concludere, non sapendo bene cosa inserire nella MOVIEQUOTE, dato che come detto si tratta di un film decisamente intimista, termino la mia recensione con un magnifico brano tratto dalla OST di La Strada Verso Casa: la colonna sonora di Giuseppe Cassaro, infatti, è la grande protagonista femminile, capace di sottolineare quei silenzi e quegli sguardi di cui prima parlavo con semplice intensità. Parallelo musicale di un film semplice ma diretto, forse immaturo, ma di quella immaturità propria di chi ha passione per la Settima Arte e nello slancio perde a volte la messa a fuoco delle cose, quella passione che sa dimostrare che pure in una situazione “no-budget” (appena 65.000 euro) è possibile immaginare, sognare, ed infine creare.

VOTO: 3,5/5

MOVIEQUOTE

LEGENDA VOTI

5/5=10  4,5/5=9  4/5= 8  3,5/5=7,5  3/5=7  2,5/5=6  2/5=5  1,5/5=4  1/5=3  0,5/5=2  0/5=0

Classifica Stagionale 2011/2012: TOP20 – Il Podio (3-1)

E finalmente ci siamo: abbiamo attraversato i fluidi nefasti del “Fondo Del Barile“; abbiamo dato una rapida scorsa alla lunga “Panca” della Stagione; abbiamo applaudito i primi 17 titoli della TOP20 (“Parte Bassa” e “Parte Alta“) per il loro piazzamento. Adesso è rimasta solo la ciliegina sulla torta Cinematografica: visto che siamo in periodo di Olimpiadi, si può tranquillamente parlare di Bronzo, Argento e Oro Stagionali. Ed ecco qua i 3 titoli che si sono meritati la sezione più elevata della mia Classifica! Come sempre vi invito a leggere le recensioni: basta avere voglia e cliccare sul titolo della pellicola.

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3) Drive, di Nicolas Winding Refn (2011)

E il Bronzo va alla Danimarca! Seppure di produzione U.S.A., infatti, il film vanta un regista connazionale della Sirenetta di Andersen. E la medaglia, mai come in questo caso, è davvero tutta sua: Drive ha un plot di base banale ed abusato, ed un buon cast che però non regala prove memorabili (tranne, ovviamente, la solita, incredibile Carey Mulligan). Ma con un paio di personaggi interessanti, e sopratutto tramite una regia pazzesca, che sa essere dinamica, violenta,  ma anche contenuta e delicata nelle sequenze della “Love-Story” (che non concede troppo all’Amore, in realtà), il tiro si aggiusta; completano l’Opera un montaggio di certosina precisione ed una colonna sonora magnifica, la migliore della Stagione in corso secondo la mia modesta opinione. Drive è un film d’azione, alla fine dei conti, ma dopo che l’avrete visto vi sembrerà impossibile paragonare il film di Refn a un Mission Impossible o ad un Minority Report: e in effetti lo è.

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2) Faust, di Alexander Sokurov (2011)

Sul secondo gradino, con al collo la medaglia di Argento, Alexander Sokurov, in rappresentanza della Russia! Per poter apprezzare un colosso del genere bisogna entrare in una fase di concentrazione assoluta (un po’ come per 2001: Odissea Nello Spazio, per intendersi); se ci si riesce, ecco che come per magia i confusi e contorti dialoghi cessano di annoiare, e ci si perde in un vortice di vomito, nausea, terra, che soffoca la benchè minima presenza di luce e Grazia Divina. Visivamente potentissimo (l’impatto è aumentato dalla genialata di ridurre lo spazio filmico, costringendo lo spettatore in un quadrato asfissiante) e recitato ottimamente (Anton Adasinsky/Mefistotele è sublime), Faust, Leone D’Oro 2011 (meritatissimo), è un esempio di Cinema con la C maiuscola.

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1) L’Arte Di Vincere, di Bennett Miller (2011)

Alla fine l’Oro è andato agli U.S.A. Non potevo non far trionfare L’Arte Di Vincere, film antico e nuovo al contempo. La sapiente regia di Miller (ottima, fra le altre, la scena della compravendita last-minute) accompagna con ritmo e con intensità la solidissima storia del duo Sorkin/Zaillian. Era la vicenda ideale, quella degli Oakland Athletics e di Billy Beane, per dare una colpo di spugna alla lunga tradizione di film sportivo-melensi come Colpo Vincente, e i due sceneggiatori (premio Oscar) non hanno fallito. Non c’è retorica in Moneyball, solo sana passione, che porta gioie ma anche (soprattutto) sofferenza: vicenda di sport di squadra, che punta lo zoom dell’obiettivo sul singolo, un perdente che vuole vincere in un mondo di vincenti, sfidando un sistema insuperabile.  Nessun dialogo, inquadratura, attore è fuori posto; e alla fine non è possibile non sentirsi un po’ come lui, come Beane, magnifico perdente nello sport  ma non del tutto nella vita. E per una volta, è giusto che il perdente abbia la sua rivincita.

Classifica Stagionale 2011/2012: TOP20 – Parte Alta (10-4)

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Parte alta, ovvero i primi 7 della TOP10 del Cinemalato per questa Stagione 2011/2012: sono fuori dal podio, ma non possono certo lamentarsi della loro posizione! Come sempre cliccando sul titolo del film troverete la mia personale recensione, quando disponibile.

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10) Anonymous, di Roland Emmerich (2011)

Roland Emmerich? Ma davvero? Quello che ha girato tutte quelle pacchianate-americanate-catastrofiche come The Day After Tomorrow 2012? Mi sono stupito anche io: forse è perchè le aspettative erano basse, forse è perchè quella sera mi girava bene, ma Anonymous è indubbiamente la mia grande sorpresa Stagionale. Un anti-Shakespeare In Love, dove all’Amore, alla Luce, alla Commedia, si contrappongono la Carne, il Buio e il Dramma più patetico ed eccessivo. E’ un film d’intrattenimento, che certo non mostra niente di “nuovo”, ma è ben realizzato e ottimamente recitato: grandissimo Rhys Ifans nella parte del protagonista, sempre valida la Redgrave nei panni di una strana Elisabetta I, molto più vecchia ed “umana”, meno leggendaria di quello che la Storia ci trasmette. E’ il miglior film del regista, IMHO, anche se non ci voleva poi molto.

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9) Miracolo A Le Havre, di Aki Kaurismaki (2011)

http://data.kataweb.it/kpm2cinx/field/image/tcimage/408205 Il film più poetico della stagione. Delizioso nei dialoghi, retrò quanto basta, è un favola che fa sognare; ci si affeziona ai personaggi, si combatte con loro, vincendo e perdendo insieme le quotidiane battaglie della vita. E quando tutto sembra perduto, ci si riscopre bambini nel vedere come i sogni non siano sempre destinati al fallimento, come un aiuto (ed un amico) possa spuntare da dove meno te lo aspetti, come un vecchio ed il suo Amore possano essere l’antidoto più efficace a qualsiasi malattia. Nonostante temi apparentemente pesanti (immigrazione, vecchiaia…) la pellicola di Kaurismaki scorre all’insegna della leggerezza e della delicatezza che solo la poesia più genuina possiede.

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8) Hanna, di Joe Wright (2011)

Altro film che mi ha sorpreso (e con cui ho inaugurato la Stagione) è il nuovo lavoro di Wright, a 4 anni da Espiazione. Estremamente misurato all’inizio, esplode poi in un dinamismo vertiginoso, passando attraverso generi differenti fra di loro (fantasy, azione, film di formazione, drammatico, thriller/horror…) in modo rocambolesco, a tratti caotico. Ottimo cast (grande Saoirse Ronan, che ritorna col regista dopo l’esordio nella parte di Briony, e eccellente Cate Blanchett, come sempre) e colonna sonora appagante dei Chemical Brothers, per un favola tutta moderna che si perde a livello narrativo, ma sa compensare le perdite con succose inquadrature e ritmo avviluppante.

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7) The Artist, di Michel Hazanavicius (2011)

https://i0.wp.com/www.silenzio-in-sala.com/locandina-the-artist.jpg Alla settima piazza si trova l’annuale trionfatore degli Academy Awards, più noti come Premi Oscar. Eccessivi (come negli ultimi 4 anni ormai) i premi per Miglior Film e Regia, ma la pellicola di Hazanivicius è un sentito (per quanto furbetto) omaggio alla Hollywood che fu, quella del cinema muto e dei primi capolavori del sonoro, quella dei musical e dei divi intramontabili, quella che davvero vibrava di sogni e di passione. Cantando Sotto La Pioggia è il maggior punto di riferimento (ma anche Viale Del Tramonto), in un prodotto che sfrutta il vecchio per sembrare nuovo, impacchettato con inappuntabile eleganza e classe.

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6) Paradiso Amaro, di Alexander Payne (2011)

https://i0.wp.com/static.screenweek.it/2012/1/19/paradiso-amaro-poster-italia_mid.jpg Payne ci ha abituati decisamente bene: sia quando ha scritto e diretto film costruiti sulla singola performance (A Proposito Di Schmidt), sia quando ha tirato fuori dal cilindro una Commedia di inappuntabile bellezza e naturalezza (Sideways), siamo sempre rimasti soddisfatti della visione. Pur non toccando i vertici del 2004, The Descendants è un altro centro del buon Alexander. Delicato e al contempo intenso, il regista ci porta nella grigia atmosfera che si crea in presenza della Morte, quella Morte che sopraggiunge lente ed inesorabile; al contempo è posta sotto esame la famiglia, con le sue differenze che ne sono il collante e la forza, una famiglia di cui fa parte anche un paesaggio “umanizzato” (bellissime Hawaii), specchio soleggiato e antitetico della realtà dei fatti. Commedia drammatica, equilibrata ed umana, semplice ma potente come la storia che narra.

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5) Terraferma, di Emanuele Crialese (2011)

Il miglior film Italiano della Stagione, per quanto mi riguarda. Crialese ci offre uno spaccato “neorealista” della Sicilia più tradizionale, dove il nuovo avanza sul vecchio, ma dove il vecchio ha dalla sua un’esperienza necessaria al nuovo. Colori, odori, sale sulla pelle, riunioni di vecchi pescatori convinti della loro “legge del Mare”; il passato emerge in questo prodotto nuovissimo, dove anche un motorino rosso assume i contorni e la pastosità del colore più “macchiaiolo”. Natura meravigliosa, esaltata nella sua compenetrazione simbiotica con l’essere umano; natura che è anche malvagia, e impedisce con la sua acqua cristallina la fuga, la fuga verso un mondo migliore di Filippo e dell’immigrata che la sua famiglia nasconde. Per farci capire, con genuina potenza, come non ci siano insormontabili differenze fra gli appartenenti alla “razza umana”. Strepitosi gli attori, Donatella Finocchiaro su tutti.

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4) Midnight In Paris, di Woody Allen (2011)

Woody riscatta quell’inutilità filmica di To Rome With Love con il suo miglior film dai tempi di Match Point. Un inno all’Arte, alla Vita, al Sogno; come nel succitato Miracolo A Le Havre c’è ancora la possibilità di credere in un lieto fine. Un ottimo cast (Owen Wilson, Kathy Bates, Rachel McAdams, Adrien Brody, Marion Cotillard…), che nella sua coralità incarna l’entusiasmo per ciò che è bello ed è generato dalla passione Umana per la Bellezza, sorregge questa bizzarra e favolistica storia d’Amore; quella di un uomo per una donna, un’epoca dorata ma lontana, nella quale ritrovare la spinta per sperare nel presente. Impossibile restare impassibili di fronte a questa sentita celebrazione della fantasia, della creatività, dell’immaginazione dell’Artista, perso in un mondo di ordinaria e razionale routine; se ne può uscire solo con un magnifico sorriso di complice speranza.

Classifica Stagionale 2011/2012: TOP20 – Parte Bassa (20-11)

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Terza parte della Classifica Stagionale 2011/2012, e si entra finalmente in TOP20! Ecco qui le prime dieci posizioni dei magnifici 20, tutti i titoli che non sono entrati in TOP10, ma che si meritano il plauso del Cinemalato. As usual, cliccando sul nome della pellicola potrete leggere la recensione relativa, quando disponibile.

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20) Super 8, di J.J.Abrams (2011)

Incontri Ravvicinati Del Terzo Tipo più E.T. – L’Extraterrestre mescolati in un’unica pellicola: un omaggio sentito, sincero e genuino al cinema fantascientifico di Steven Spielberg (a partire dalla bravura degli attori-bambini), che colpisce in modo semplice ed efficace. Qualunque bambino abbia vissuto quel periodo non potrà evitare di provare un moto di commozione, neanche quelli che (come il sottoscritto) avrebbero voluto vivere quei magici anni. Quando Super 8 finisce, pazientate qualche secondo; sui titoli di coda c’è una chicca conclusiva che è un piccolo, inaspettato gioiellino.

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19) Young Adult, di Jason Reitman (2011)

Jason Reitman e Diablo Cody di nuovo insieme dopo il validissimo Juno (2007); la coppia non ripete il centro pieno di 4 anni prima, ma mette comunque a segno un buon colpo. Young Adult è una sorta di dopo-Juno, o anche un anti-Juno, dove i colori e le musiche sono spenti, come diluiti nel grigio di una vita tanto vuota. Il difetto è un’eccessiva semplicità della trama, e una lentezza a tratti inefficace, ma Reitman ci sa fare e Charlize Theron ci offre un’altra prova convincente nel ruolo della “giovane” protagonista.

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18) Romanzo Di Una Strage, di Marco Tullio Giordana (2012)

La strage di Piazza Fontana, gli omicidi Pinelli e Calabresi, il clima di tensione e sospetto, i sotterfugi dei neo-fascisiti: Romanzo Di Una Strage è un affresco di estetica perfezione su una pagina decisamente nera della recente storia Italiana. Giordana è efficace, asciutto, rigoroso, non da meno gli strepitosi attori del cast (su tutti i tre “protagonisti”, ovvero Mastrandrea, Gifuni e Favino), che hanno ottenuto premi e riconoscimenti meritatissimi. Peccato per una certa freddezza che rende tutto molto più simile ad un documentario che ad un film: è comunque un documentario di livello.

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17) Scialla! (Stai Sereno), di Francesco Bruni (2011)

La sorpresa Italiana della Stagione. Scialla! è la pellicola d’esordio del co-sceneggiatore storico di Paolo Virzì, che idea una simpatica commedia sul rapporto genitore-figlio (e professore-alunno), ricordandosi del suo mestiere; lo script è agile, scorrevole, a tratti delizioso (alla Juno, tanto per non voler citare sempre lo stesso film). Con una buona base, supportata da un ottimo cast (Bentivoglio e Bobulova su tutti), la commedia casca sempre in piedi, anche nei momenti in cui l’irrealtà delle situazioni risulta stonata rispetto al tono generale. 

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16) E Ora Dove Andiamo?, di Nadine Labaki (2011)

Film di donne, film sulle donne e sulla loro capacità di soffrire, piangere, lottare per gli uomini che amano. E’ la storia di un Amore che supera le differenze religiose, che unisce ciò che sembra (ma non è) diverso. Tutti i colori, i sapori, gli odori del medio-oriente permeano questa pellicola, un piatto sugoso e pastoso aromatizzato alle spezie. Divertente, scanzonato, sgangherato a tratti, ma con un grande cuore ed una grande intelligenza, è veramente una ventata di fresco in un panorama cinematografico dove la storia (o meglio, l’idea) sembra passare troppo spesso in secondo piano. Peccato per i tre momenti “Bollywood”; canzoni arabe, piene di gorgheggi, sbilanciano l’ottimo equilibrio fra comico e drammatico di cui il film è dotato.

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15) Diaz – Don’t Clean Up This Blood, di Daniele Vicari (2012)

Altro film italiano che ci parla di una brutta storia nostrana è la nuova prova di Daniele Vicari. Un vortice di corruzione, violenza, sangue secco si abbatte sui nervi ottici dello spettatore con implacabile veemenza; è la storia di un macello, dove sono gli uomini ad essere macellati da uomini/bestie senza controllo (o meglio, con un controllo inadeguato). Una pellicola importante, che riesce dove Romanzo Di Una Strage aveva fallito, narrando con passione ed indignandosi con ardore; anche troppo, perchè negli ultimi venti minuti la violenza diviene “eccesso”, creando nausea superflua alla riflessione personale.

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14) Hunger Games, di Gary Ross (2012)

Una delle sorprese della stagione. Il fatto che abbia vinto 4 Mtv Movie Awards potrebbe far pensare ad una brutta pellicola proto-adolescenziale; Hunger Games è in realtà un buon prodotto di intrattenimento, con bravi attori giovani (Josh Hutcherson, ma soprattutto una strepitosa Jennifer Lawrence) e vecchi leoni sempre in forma (Woody Harrelson, Elizabeth Banks, Donald Sutherland, Stanley Tucci), che sicuramente saprà appassionare i teenager nelle sequenze d’azione, ma che possiede la sua parte migliore nella vicenda di matrice “filosofico-polemica” sul potere e sulla distorsione della realtà da parte dei mass-media. Vedere per credere.

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13) Hunger, di Steve McQueen (2008)

Ed ecco qua, la malefica distribuzione italiana colpisce ancora: se Warrior si è ritrovato in panchina il merito è tutto suo. Hunger, film del 2008, è stato proiettato solo quest’anno, a causa del successo ottenuto dall’altro film di Steve McQueen, ovvero Shame. La coppia è sempre la stessa: il regista di colore è affiancato dall’eccelso Fassbender (3 grandi prove stagionali, un Attore con la A maiuscola) in questo biopic di Bobby Sands, uno dei capi dell’I.R.A., “suicidatosi” nella lotta per ottenere diritti politici. Ritratto crudo e potente di un uomo quasi titanico per statura d’animo, ma smunto ed emaciato nel corpo, che tocca picchi “agiografici” di fortissimo impatto (e ben congegnati, in relazione alla grandissima fede religiosa di Sands), con in più un serratissimo (e magnifico) piano sequenza di ben 20 minuti nella sezione centrale. Unico problema è la partenza, che sembra preannunciare un film corale, quando in realtà si tratta di una vera e propria discesa nell’io di un singolo individuo: grande esordio, ad ogni modo.

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12) Le Idi Di Marzo, di George Clooney (2011)

Clooney, alla sua 4a regia, ci regala un dramma/thriller politico di sicura presa: senza esplosioni di originalità, ma solido e asciutto quanto serve, Le Idi Di Marzo è un altro centro dell’attore-sex symbol, che torna a stuzzicare con stoccate al vetriolo il mondo della politica a stelle e strisce. Riservato a sé stesso un ruolo (in apparenza) secondario, l’ex “E.R.” punta sul giovane e valido Gosling (anche lui tre prove stagionali, insieme a Crazy, Stupid, Love Drive) nonchè sui sempre efficaci Paul Giamatti, Philip Seymour Hoffman e Marisa Tomei. E’ un film classico, impeccabile, senza sbavature, dove però aleggia fino all’ultimo bizzarro primo piano un senso di dubbio ed incertezza; insomma, grandi applausi per il buon George

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11) Shame, di Steve McQueen (2011)

2 su 2 in TOP20 è un grande risultato: è ciò che l’accoppiata McQueen/Fassbender è riuscita a realizzare in questa Stagione 2011/2012. La miglior performance stagionale del buon Michael (forse la migliore di tutto il 2011/2012) lo vede ricoprire i panni di Brandon, depravato sessuale, vero e proprio maniaco, la cui esistenza viene completamente sconvolta dall’arrivo dell’adorabile sorellina Sissy (una strepitosa Carey Mulligan, applausi a scena aperta). Come per Hunger vale lo stesso problema; la pellicola di McQueen è validissima, ma ad un crescendo finale da brividi in ogni dove, si contrappone una partenza più analgesica. Con una grandiosa colonna sonora ed un soggetto interessantissimo, Shame è la conferma del talento di Steve McQueen, regista di cui credo (e spero) sentiremo ancora parlare in futuro.

Classifica Stagionale 2011/2012: La Panca

Secondo appuntamento con la Classifica Stagionale del Cinemalato! Stavolta è il turno della “Panca“, ovvero tutte quelle pellicole che non hanno raggiunto la “TOP20“, ma che neanche sono scese sotto la sufficienza. I film in questione sono ben 17, anche stavolta elencati per ordine alfabetico, non per valutazione. Come sempre, cliccando sul titolo potrete leggere la recensione relativa alla pellicola, quando disponibile.

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Albert Nobbs, di Rodrigo Garcia (2011)

Non so perchè, ma riponevo molte speranze in questo film: il soggetto sembrava accattivante, e circolavano voci su una prova di alto livello da parte di Glenn Close. Purtroppo entrambe le aspettative non sono state ripagate; la Close è molto brava, ma è superata dalla straordinaria McTeer, e la storia viene mal gestita da regista e sceneggiatori, risultando troppo poco approfondita per toccare quelle corde emozionali che avrebbe potuto (e dovuto) toccare.

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Le Avventure Di Tintin – Il Segreto Dell’Unicorno, di Steven Spielberg (2011)

Un classico del fumetto francese, Tintin, il ragazzo dall’inconfondibile ciuffo rosso, sempre accompagnato dal suo cagnolino Milù, trasposto al cinema dal regista della tetralogia di Indiana Jones. Il risultato è un film di avventura che possiede un grande ritmo, con in più una grafica di grande impatto visivo. Spielberg non si scorda di essere un grande regista, e inserisce anche un paio di sequenze di livello (il borseggiatore inquadrato solo sui piedi e gli onirici e movimentati ricordi del capitano Haddock). Probabilmente Tintin si trova in panca perchè la lunga ombra della Disney-Pixar pesa troppo sulla qualità del prodotto d’Animazione, e un film prettamente “estetico” sbiadisce nel confronto con mostri sacri quali Up Wall-E.
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Bar Sport, di Massimo Martelli (2011)

Bar Sport è un titolo che molti hanno infamato, lamentando una comicità da Cinepanettone, un cast sprecato e una eccessiva frammentarietà degli eventi. Io dico che questi “molti” non conoscono l’opera da cui il film è tratto: l’omonimo libro di Stefano Benni usa una comicità bassa, caricaturale, grottesca, che descrive con occhio deformante tutta una serie di macchiette del “tipico Bar Italiano”; è inoltre diviso in episodi scollegati, ed è quindi per questo che la pellicola risulta spezzata. Poi è ovvio, non stiamo parlando di capolavoro, ma affossarlo peggio di un lavoro di Neri Parenti mi sembra ridicolo (considerando anche le due deliziose sequenze d’animazione, anch’esse decisamente “Benniane”).

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Biancaneve E Il Cacciatore, di Rupert Sanders (2012)

Il tentativo di portare sugli schermi la favola di Biancaneve in chiave dark non è del tutto riuscito; ad un livello tecnico valido e ben realizzato (scenografie, effetti speciali, costumi…) si contrappongono una trama troppo semplicistica e prove attoriali non sempre brillanti (la Stewart e Hemsworth fanno meglio di Twilight Thor, ma non è che ci volesse poi molto). Comunque vedere sul grande schermo Charlize è sempre un piacere, in tutti i sensi.

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Carnage, di Roman Polanski (2011)

Carnage è un film di attori; un quartetto spettacolare (Jodie Foster, John C.Reilly, Christoph Waltz, Kate Winslet) ci fa vedere come, dietro la maschera del perbenismo e dell’educazione, l’essere umano sia spesso e volentieri portato alla violenza e al risentimento. I protagonisti mostrano tutto il loro talento, dalla partenza in sordina all’exploit finale sopra le righe, e la pellicola scorre rapida e godibilissima. Alla fine, però, il limite del nuovo titolo di Polanski è proprio questo: essere  “solo” un film d’attori.

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Cosmopolis, di David Cronenberg (2012)

Il 2° Cronenberg di Stagione, presentato in concorso al Festival Di Cannes, ha indubbi pregi; un ottimo cast (con un eccellente Paul Giamatti, un’efficace Samantha Morton e un sorprendente Robert Pattinson), un regista che sa il fatto suo (la lunga sequenza finale in un’unica stanza è gestita benissimo a livello di spazi e movimenti attoriali) ed una scenografia futuristica suggestiva ed evocativa. Purtroppo Cosmpolis presenta una sceneggiatura ad alto livello di concettosità, che alla fine suona però di già sentito, affossando parecchio il risultato finale. Se non altro resta negli occhi la già citata, lunga conclusione, e l’aver (ri)scoperto il vampiro di Twilight è una valida sorpresa.

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A Dangerous Method, di David Cronenberg (2011)

locandina.jpg (420×600)Cronenberg, Freud, Jung, la psiche umana. Fino a che la pellicola corre sul binario dell’eccesso, sopra le righe come poche altre, colpisce ed intriga con efficacia (molte sono state le critiche alla prova di Keira Knightley, critiche che non capisco; da quando in qua i pazzi devono essere interpretati con controllo?). Un ottimo Fassbender e un grandissimo Mortensen (più uno stralunato Cassel) completano il tutto. La narrazione, tuttavia, si fa sempre più fredda e distaccata mano a mano che passano i minuti, togliendo al film quella potenza di cui parlavo prima. Buona/ottima la ricostruzione scenografica dell’epoca.

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… E Ora Parliamo Di Kevin, di  Lynne Ramsay (2011)

Tralasciando un’improponibile (as usual) traduzione italiana del titolo (pare quello di una commedia con Ben Stiller e la Aniston … E Alla Fine Arriva Polly, quando invece si tratta di drammatico con venature horror), la pellicola di Lynne Ramsay narra la storia di una ragazza divenuta madre troppo in fretta, del suo rapporto amore-odio (soprattutto odio) con il figlio Kevin, di un terribile omicidio. Seppure con indubbi meriti (visivi, come nella scena di Halloween, ma anche recitativa grazie ad un’eccelsa Tilda Swinton ed un efficace Ezra Miller), il film si perde un pò a livello di trama: non chiarisce bene il rapporto fra i genitori e il figlio, nè spiega con sufficiente chiarezza la sua malvagità; il tutto accompagnato dal fatto che, purtroppo, le scelte registiche quasi “horror” della regista si accumulano al punto di risultare indigeste nella mezz’ora finale. Resta comunque un prodotto molto valido.

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The Help, di Tate Taylor (2011)

Per quanto il plot di base della pellicola di Tate Taylor (tratto dall’omonimo romanzo di Kathryn Stockett) sia stra-abusato, The Help è un titolo che sa colpire le corde emozionali dello spettatore senza eccedere nel miele o nel ricattino morale (salvo il pietoso finale, 100% saccarosio gratuito). Molto gradevole e poco retorica soprattutto la side-story fra la cameriera di colore Minny (la vincitrice dell’Oscar come Non Protagonista, Octavia Spencer) e la sua svampita (ma buona) padrona bianca (la bravissima Chastain, che conferma le sue doti dopo The Tree Of Life). Alla fine tutto già visto e già sentito, ma apprezzabile.

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The Iron Lady, di Phyllida Lloyd (2011)

https://i0.wp.com/www.voto10.it/cinema/uploads/foto/locandina_the-iron-lady.jpg Mai locandina fu più azzeccata: il biopic della “Lady Di Ferro”, Margaret Thatcher, diretto dalla regista del musical-successone Mamma Mia!, è in realtà un “One-Man-Show” (o per meglio dire “One-Woman-Show”). Meryl Streep, in tutta la sua ormai ipercomprovata bravura, con una grande prova (e accompagnata da un ottimo trucco per quanto riguarda la vecchiaia della Iron Lady) segna un altro eccellente ruolo della sua incommensurabile carriera (stavolta sigillato anche dall’Oscar come Attrice Protagonista, la terza statuetta per la signora). Peccato che non bastino gli attori per fare un film: ed ecco che The Iron Lady si rivela una biografia troppo incentrata sulla vita personale della Thatcher, scombussolata e poco chiara  (non si capisce se si stia lodando o condannando l’operato della protagonista), alla lunga pesantemente elefantiaca.
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J. Edgar, di Clint Eastwood (2011)

Con questa recensione ho aperto le danze del Cinemalato. Purtroppo la prima review del blog non era decisamente relativa ad un film memorabile; il biopic del fondatore del Federal Bureau of Investigation (detto anche F.B.I.), nonostante la sapiente regia di Eastwood e il carisma di DiCaprio (che ha comunque fatto prove migliori, e che qui viene superato in bravura sia da Armie Hammer che da Naomi Watts), risulta freddo, distaccato, poco approfondito per quando riguarda la sfera del privato (soprattutto risulta troppo superficiale l’approccio alla figura di Miss Gandy). Ho inizialmente apprezzato il pesante trucco di DiCaprio e Hammer, ma alla lunga bisogna ammettere che il ridicolo è stato sfiorato e superato indubbiamente.

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Melancholia, di Lars Von Trier (2011)

Mettere Melancholia in questa sezione della Classifica è un vero e proprio dispiacere. Il film di Von Trier ha una prima sezione clamorosa, da applausi a scena aperta fino allo spellamento delle mani, un girotondo di sensazioni, visioni, emozioni da far girare la testa; Kirsten Dunst, bianca quasi diafana, ti entra fin dentro le viscere con intensità inesorabile (e non le sono da meno gli altri attori, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Charlotte Rampling…). Poi però arriva una seconda sezione a metà fra Emmerich (il peggior Emmerich) e un dramma teatrale di enfasi eccessiva ed elefantiaca; se non ci fossero gli stessi personaggi, non si capirebbe neanche il collegamento fra le due parti.  Melancholia, che fino ad allora era minimo da podio (forse anche da 1° posto), si ritrova così ridimensionato, con mio (ripeto) enorme dispiacere.

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La Pelle Che Abito, di Pedro Almodòvar (2011)

Altro film che mi scoccia davvero un sacco dover mettere in Panca è il nuovo Almodòvar. Un soggetto a dir poco superlativo; uno sviluppo valido, coinvolgente e corrotto al punto giusto (vedi la grottesca scena del “tigrotto”); virate nel melò (tanto caro allo spagnolo) misurate ed efficaci; attori in palla. Eppure a mezz’ora dalla fine Pedro perde le redini del gioco, e la pellicola perde il suo bell’equilibrio; finale melenso, esagerato e fuori dal mondo, che riduce il valore dell’intero lavoro.

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Quando La Notte, di Cristina Comencini (2011)

L’improponibile La Bestia Nel Cuore è una macchia che difficilmente si cancella dalla cinematografia Italiana (a pensare che riuscì ad arrivare nella cinquina dell’Oscar per il Film Straniero vien da ridere per non piangere); tuttavia la Comencini confeziona (da un suo romanzo) una pellicola su un amore strano, tanto violento quanto (quasi) privo di fisicità, fra un uomo e una donna (Timi e Pandolfi, bravissimi) più soli di quello che si possa pensare, uniti per caso dal pianto insopportabile di un bambino e da una follia notturna. Ma, dato che difficilmente ci si può smentire, la Comencini spreca tutto quanto di buono aveva costruito grazie ai venti minuti finali; ridicoli, al limite del bimbominkia-trash, sembrano quasi un altro film rispetto al resto della pellicola. Inizialmente avevo cercato di perdonare l’errore, ma purtroppo perdonare è qualità esclusivamente Divina.

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Quasi Amici, di Eric Toledano & Olivier Nakache (2011)

Secondo film per incassi al botteghino Francese (dopo Giù Al Nord), Quasi Amici è una commedia agile e scorrevole, con un affiatato duo di attori (Omar Sy e Francois Cluzet), una scrittura esperta e abile a schivare i luoghi comuni della retorica, una colonna sonora di sicuro impatto. Anche qua, però, il finale scade nel banale/forzato, rivelando la vera natura della commedia di Nakache e Toledano; un film per tutti i gusti, che però non raggiunge certo elevate vette qualitative.

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La Talpa, di Tomas Alfredson (2011)

Elegante, sofisticato, grigio; La Talpa è un thriller che soffoca lo spettatore, facendogli respirare quella che era l’aria ai tempi della Guerra Fredda. Registicamente impeccabile, presenta forse il cast più spettacolare dell’anno: Gary Oldman (eccellente), Tom Hardy (molto bravo), John Hurt (di gran mestiere), Colin Firth (ottimo), Mark Strong (sorprendente)… Dunque, qual è il problema? E’ presto detto: il montaggio. I vari flashback temporali sono troppo fumosi, troppo poco delineati, e anche i cambi “diatopici” (cioè di luogo geografico) non sono precisi. Questo, sommato alla lentezza (voluta, ma estenuante) della pellicola, fa sì che una trama non troppo complicata (a tratti anche banale) risulti intricatissima e difficilissima da seguire; e per un thriller, davvero non è il massimo.

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Warrior, di Gavin O’Connor (2011)

Non dovrei tirare fuori le posizioni nella sezione della Panca, ma è giusto dire che, fino a due settimane fa, Warrior era il mio personale #20. A differenza di The Fighter, film della scorsa stagione, la pellicola di O’Connor ha una maggiore genuinità ed una maggiore intensità (come del resto sono più intense le MMA della boxe); sulla locandina si parla di Million Dollar Baby, e seppure il filmone di Eastwood sia lontano anni luce, Warrior è crudo e diretto come l’antecedente del 2004. Ottimi attori (Tom Hardy, già sopracitato ne La Talpa, e il ruvido Nick Nolte, in una prova da applausi a scena aperta) e una trama semplice ma efficace, proprio come un cazzotto al mento ben diretto, Warrior vale davvero la visione, ed è tutta colpa delle distribuzioni Italiane se non ha raggiunto la TOP20 (prossimamente capirete il perchè).