Classifica Stagionale 2011/2012: La Panca

Secondo appuntamento con la Classifica Stagionale del Cinemalato! Stavolta è il turno della “Panca“, ovvero tutte quelle pellicole che non hanno raggiunto la “TOP20“, ma che neanche sono scese sotto la sufficienza. I film in questione sono ben 17, anche stavolta elencati per ordine alfabetico, non per valutazione. Come sempre, cliccando sul titolo potrete leggere la recensione relativa alla pellicola, quando disponibile.

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Albert Nobbs, di Rodrigo Garcia (2011)

Non so perchè, ma riponevo molte speranze in questo film: il soggetto sembrava accattivante, e circolavano voci su una prova di alto livello da parte di Glenn Close. Purtroppo entrambe le aspettative non sono state ripagate; la Close è molto brava, ma è superata dalla straordinaria McTeer, e la storia viene mal gestita da regista e sceneggiatori, risultando troppo poco approfondita per toccare quelle corde emozionali che avrebbe potuto (e dovuto) toccare.

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Le Avventure Di Tintin – Il Segreto Dell’Unicorno, di Steven Spielberg (2011)

Un classico del fumetto francese, Tintin, il ragazzo dall’inconfondibile ciuffo rosso, sempre accompagnato dal suo cagnolino Milù, trasposto al cinema dal regista della tetralogia di Indiana Jones. Il risultato è un film di avventura che possiede un grande ritmo, con in più una grafica di grande impatto visivo. Spielberg non si scorda di essere un grande regista, e inserisce anche un paio di sequenze di livello (il borseggiatore inquadrato solo sui piedi e gli onirici e movimentati ricordi del capitano Haddock). Probabilmente Tintin si trova in panca perchè la lunga ombra della Disney-Pixar pesa troppo sulla qualità del prodotto d’Animazione, e un film prettamente “estetico” sbiadisce nel confronto con mostri sacri quali Up Wall-E.
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Bar Sport, di Massimo Martelli (2011)

Bar Sport è un titolo che molti hanno infamato, lamentando una comicità da Cinepanettone, un cast sprecato e una eccessiva frammentarietà degli eventi. Io dico che questi “molti” non conoscono l’opera da cui il film è tratto: l’omonimo libro di Stefano Benni usa una comicità bassa, caricaturale, grottesca, che descrive con occhio deformante tutta una serie di macchiette del “tipico Bar Italiano”; è inoltre diviso in episodi scollegati, ed è quindi per questo che la pellicola risulta spezzata. Poi è ovvio, non stiamo parlando di capolavoro, ma affossarlo peggio di un lavoro di Neri Parenti mi sembra ridicolo (considerando anche le due deliziose sequenze d’animazione, anch’esse decisamente “Benniane”).

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Biancaneve E Il Cacciatore, di Rupert Sanders (2012)

Il tentativo di portare sugli schermi la favola di Biancaneve in chiave dark non è del tutto riuscito; ad un livello tecnico valido e ben realizzato (scenografie, effetti speciali, costumi…) si contrappongono una trama troppo semplicistica e prove attoriali non sempre brillanti (la Stewart e Hemsworth fanno meglio di Twilight Thor, ma non è che ci volesse poi molto). Comunque vedere sul grande schermo Charlize è sempre un piacere, in tutti i sensi.

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Carnage, di Roman Polanski (2011)

Carnage è un film di attori; un quartetto spettacolare (Jodie Foster, John C.Reilly, Christoph Waltz, Kate Winslet) ci fa vedere come, dietro la maschera del perbenismo e dell’educazione, l’essere umano sia spesso e volentieri portato alla violenza e al risentimento. I protagonisti mostrano tutto il loro talento, dalla partenza in sordina all’exploit finale sopra le righe, e la pellicola scorre rapida e godibilissima. Alla fine, però, il limite del nuovo titolo di Polanski è proprio questo: essere  “solo” un film d’attori.

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Cosmopolis, di David Cronenberg (2012)

Il 2° Cronenberg di Stagione, presentato in concorso al Festival Di Cannes, ha indubbi pregi; un ottimo cast (con un eccellente Paul Giamatti, un’efficace Samantha Morton e un sorprendente Robert Pattinson), un regista che sa il fatto suo (la lunga sequenza finale in un’unica stanza è gestita benissimo a livello di spazi e movimenti attoriali) ed una scenografia futuristica suggestiva ed evocativa. Purtroppo Cosmpolis presenta una sceneggiatura ad alto livello di concettosità, che alla fine suona però di già sentito, affossando parecchio il risultato finale. Se non altro resta negli occhi la già citata, lunga conclusione, e l’aver (ri)scoperto il vampiro di Twilight è una valida sorpresa.

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A Dangerous Method, di David Cronenberg (2011)

locandina.jpg (420×600)Cronenberg, Freud, Jung, la psiche umana. Fino a che la pellicola corre sul binario dell’eccesso, sopra le righe come poche altre, colpisce ed intriga con efficacia (molte sono state le critiche alla prova di Keira Knightley, critiche che non capisco; da quando in qua i pazzi devono essere interpretati con controllo?). Un ottimo Fassbender e un grandissimo Mortensen (più uno stralunato Cassel) completano il tutto. La narrazione, tuttavia, si fa sempre più fredda e distaccata mano a mano che passano i minuti, togliendo al film quella potenza di cui parlavo prima. Buona/ottima la ricostruzione scenografica dell’epoca.

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… E Ora Parliamo Di Kevin, di  Lynne Ramsay (2011)

Tralasciando un’improponibile (as usual) traduzione italiana del titolo (pare quello di una commedia con Ben Stiller e la Aniston … E Alla Fine Arriva Polly, quando invece si tratta di drammatico con venature horror), la pellicola di Lynne Ramsay narra la storia di una ragazza divenuta madre troppo in fretta, del suo rapporto amore-odio (soprattutto odio) con il figlio Kevin, di un terribile omicidio. Seppure con indubbi meriti (visivi, come nella scena di Halloween, ma anche recitativa grazie ad un’eccelsa Tilda Swinton ed un efficace Ezra Miller), il film si perde un pò a livello di trama: non chiarisce bene il rapporto fra i genitori e il figlio, nè spiega con sufficiente chiarezza la sua malvagità; il tutto accompagnato dal fatto che, purtroppo, le scelte registiche quasi “horror” della regista si accumulano al punto di risultare indigeste nella mezz’ora finale. Resta comunque un prodotto molto valido.

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The Help, di Tate Taylor (2011)

Per quanto il plot di base della pellicola di Tate Taylor (tratto dall’omonimo romanzo di Kathryn Stockett) sia stra-abusato, The Help è un titolo che sa colpire le corde emozionali dello spettatore senza eccedere nel miele o nel ricattino morale (salvo il pietoso finale, 100% saccarosio gratuito). Molto gradevole e poco retorica soprattutto la side-story fra la cameriera di colore Minny (la vincitrice dell’Oscar come Non Protagonista, Octavia Spencer) e la sua svampita (ma buona) padrona bianca (la bravissima Chastain, che conferma le sue doti dopo The Tree Of Life). Alla fine tutto già visto e già sentito, ma apprezzabile.

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The Iron Lady, di Phyllida Lloyd (2011)

https://i0.wp.com/www.voto10.it/cinema/uploads/foto/locandina_the-iron-lady.jpg Mai locandina fu più azzeccata: il biopic della “Lady Di Ferro”, Margaret Thatcher, diretto dalla regista del musical-successone Mamma Mia!, è in realtà un “One-Man-Show” (o per meglio dire “One-Woman-Show”). Meryl Streep, in tutta la sua ormai ipercomprovata bravura, con una grande prova (e accompagnata da un ottimo trucco per quanto riguarda la vecchiaia della Iron Lady) segna un altro eccellente ruolo della sua incommensurabile carriera (stavolta sigillato anche dall’Oscar come Attrice Protagonista, la terza statuetta per la signora). Peccato che non bastino gli attori per fare un film: ed ecco che The Iron Lady si rivela una biografia troppo incentrata sulla vita personale della Thatcher, scombussolata e poco chiara  (non si capisce se si stia lodando o condannando l’operato della protagonista), alla lunga pesantemente elefantiaca.
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J. Edgar, di Clint Eastwood (2011)

Con questa recensione ho aperto le danze del Cinemalato. Purtroppo la prima review del blog non era decisamente relativa ad un film memorabile; il biopic del fondatore del Federal Bureau of Investigation (detto anche F.B.I.), nonostante la sapiente regia di Eastwood e il carisma di DiCaprio (che ha comunque fatto prove migliori, e che qui viene superato in bravura sia da Armie Hammer che da Naomi Watts), risulta freddo, distaccato, poco approfondito per quando riguarda la sfera del privato (soprattutto risulta troppo superficiale l’approccio alla figura di Miss Gandy). Ho inizialmente apprezzato il pesante trucco di DiCaprio e Hammer, ma alla lunga bisogna ammettere che il ridicolo è stato sfiorato e superato indubbiamente.

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Melancholia, di Lars Von Trier (2011)

Mettere Melancholia in questa sezione della Classifica è un vero e proprio dispiacere. Il film di Von Trier ha una prima sezione clamorosa, da applausi a scena aperta fino allo spellamento delle mani, un girotondo di sensazioni, visioni, emozioni da far girare la testa; Kirsten Dunst, bianca quasi diafana, ti entra fin dentro le viscere con intensità inesorabile (e non le sono da meno gli altri attori, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland, Charlotte Rampling…). Poi però arriva una seconda sezione a metà fra Emmerich (il peggior Emmerich) e un dramma teatrale di enfasi eccessiva ed elefantiaca; se non ci fossero gli stessi personaggi, non si capirebbe neanche il collegamento fra le due parti.  Melancholia, che fino ad allora era minimo da podio (forse anche da 1° posto), si ritrova così ridimensionato, con mio (ripeto) enorme dispiacere.

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La Pelle Che Abito, di Pedro Almodòvar (2011)

Altro film che mi scoccia davvero un sacco dover mettere in Panca è il nuovo Almodòvar. Un soggetto a dir poco superlativo; uno sviluppo valido, coinvolgente e corrotto al punto giusto (vedi la grottesca scena del “tigrotto”); virate nel melò (tanto caro allo spagnolo) misurate ed efficaci; attori in palla. Eppure a mezz’ora dalla fine Pedro perde le redini del gioco, e la pellicola perde il suo bell’equilibrio; finale melenso, esagerato e fuori dal mondo, che riduce il valore dell’intero lavoro.

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Quando La Notte, di Cristina Comencini (2011)

L’improponibile La Bestia Nel Cuore è una macchia che difficilmente si cancella dalla cinematografia Italiana (a pensare che riuscì ad arrivare nella cinquina dell’Oscar per il Film Straniero vien da ridere per non piangere); tuttavia la Comencini confeziona (da un suo romanzo) una pellicola su un amore strano, tanto violento quanto (quasi) privo di fisicità, fra un uomo e una donna (Timi e Pandolfi, bravissimi) più soli di quello che si possa pensare, uniti per caso dal pianto insopportabile di un bambino e da una follia notturna. Ma, dato che difficilmente ci si può smentire, la Comencini spreca tutto quanto di buono aveva costruito grazie ai venti minuti finali; ridicoli, al limite del bimbominkia-trash, sembrano quasi un altro film rispetto al resto della pellicola. Inizialmente avevo cercato di perdonare l’errore, ma purtroppo perdonare è qualità esclusivamente Divina.

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Quasi Amici, di Eric Toledano & Olivier Nakache (2011)

Secondo film per incassi al botteghino Francese (dopo Giù Al Nord), Quasi Amici è una commedia agile e scorrevole, con un affiatato duo di attori (Omar Sy e Francois Cluzet), una scrittura esperta e abile a schivare i luoghi comuni della retorica, una colonna sonora di sicuro impatto. Anche qua, però, il finale scade nel banale/forzato, rivelando la vera natura della commedia di Nakache e Toledano; un film per tutti i gusti, che però non raggiunge certo elevate vette qualitative.

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La Talpa, di Tomas Alfredson (2011)

Elegante, sofisticato, grigio; La Talpa è un thriller che soffoca lo spettatore, facendogli respirare quella che era l’aria ai tempi della Guerra Fredda. Registicamente impeccabile, presenta forse il cast più spettacolare dell’anno: Gary Oldman (eccellente), Tom Hardy (molto bravo), John Hurt (di gran mestiere), Colin Firth (ottimo), Mark Strong (sorprendente)… Dunque, qual è il problema? E’ presto detto: il montaggio. I vari flashback temporali sono troppo fumosi, troppo poco delineati, e anche i cambi “diatopici” (cioè di luogo geografico) non sono precisi. Questo, sommato alla lentezza (voluta, ma estenuante) della pellicola, fa sì che una trama non troppo complicata (a tratti anche banale) risulti intricatissima e difficilissima da seguire; e per un thriller, davvero non è il massimo.

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Warrior, di Gavin O’Connor (2011)

Non dovrei tirare fuori le posizioni nella sezione della Panca, ma è giusto dire che, fino a due settimane fa, Warrior era il mio personale #20. A differenza di The Fighter, film della scorsa stagione, la pellicola di O’Connor ha una maggiore genuinità ed una maggiore intensità (come del resto sono più intense le MMA della boxe); sulla locandina si parla di Million Dollar Baby, e seppure il filmone di Eastwood sia lontano anni luce, Warrior è crudo e diretto come l’antecedente del 2004. Ottimi attori (Tom Hardy, già sopracitato ne La Talpa, e il ruvido Nick Nolte, in una prova da applausi a scena aperta) e una trama semplice ma efficace, proprio come un cazzotto al mento ben diretto, Warrior vale davvero la visione, ed è tutta colpa delle distribuzioni Italiane se non ha raggiunto la TOP20 (prossimamente capirete il perchè).

Biancaneve E Il Cacciatore (2012)

Biancaneve, la giovane figlia di re Magnus e della regina Eleanor, perde la madre a causa di una malattia. Il padre, disperato, ritrova l’amore e la felicità quando salva una donna, Ravenna, da un nutrito gruppo di soldati oscuri; in realtà è tutta una trappola di Ravenna, maga bellissima e perfida, che uccide il neo-marito durante la prima notte di nozze per ereditarne il regno. Biancaneve, fatta, prigioniera, rimane rinchiusa nella torre del castello fino ai 18 anni. In quel momento, Ravenna scopre di essere in pericolo; la donna non può infatti essere ferita da arma umana, a meno che qualcuna più bella di lei non vibri il colpo, e Biancaneve è ormai la più bella del reame. Ma il fratello di Ravenna si fa beffare dalla giovane principessa, che lo ferisce con un chiodo e scappa dal castello…

La rivisitazione del classico Biancaneve E I Sette Nani è la moda del momento: dopo Biancaneve, dove la protagonista è interpretata da Lily “Monociglio Unitario” Collins, figlia del ben più noto Phil, e la matrigna da Julia “Sorriso Smagliante” Roberts, ecco Biancaneve E  Il Cacciatore, la trasposizione in chiave dark/fantasy della famosa fiaba dei fratelli Grimm. Qua troviamo, nei due ruoli principali, Kirsten “Ammazza Che Cagna” Stewart e Charlize “Ammazza Che Figa” Theron.

Partendo subito dai punti deboli, c’è da dire che dopo un buon inizio, dove le modifiche di tono e di atmosfera risultano ben congegnate, e trasformano l’incipit della favola in una crudele vittoria dell’ingiustizia e della morte sul bene e l’amore, il film (o meglio, la trama) perde colpi in fatto di solidità. Gli eventi iniziano ad essere trattati in maniera troppo rapida, quasi a voler mettere da parte una buona compattezza narrativa in favore del momento “ad effetto” (come l’inganno di Ravenna, che offre la mela avvelenata a Biancaneve, senza trasformarsi in una vecchia mendicante, bensì…) o dell’interessante (ed efficace) scenografia fantasy. Tanto per fare un esempio, la sezione relativa alla terribile infanzia di Ravenna è solo accennata da un breve flashback; dal poco che si intravede c’erano tutti i presupposti per regalare al personaggio un intrigante feedback, ma così non avviene.

Un’altra novità narrativa, già implicita nel titolo, che non viene sfruttata a dovere è l’amore di Biancaneve non verso il classico principe, bensì verso il rude cacciatore; trasformare quello che nell’omonima fiaba è il killer designato dalla matrigna in colui che perderà il suo cuore per la bella e bianca protagonista poteva essere un gustoso “twist” da inserire nella trama (il rapporto vittima-carnefice è già stato alla base di grandi storie cinematografiche; vedi “Il Collezionista” di Wyler, per dirne una). Eppure, anche qui dopo una prima fase valida (dove il cacciatore si vuole allontanare da Biancaneve perchè ha paura di finire nei guai, per poi invece volersene allontanare perchè “tutto ciò che amo muore”) la loro storia perde di visibilità rispetto ad altri eventi e ad altri personaggi; risulta quindi abbastanza ridicolo il monologo del cacciatore sulla bara della pallida principessa, oltre al fatto che (come ci si doveva aspettare) Chris Hemsworth ha non pochi problemi nel recitarlo.

Difatti riserve sono da fare anche sugli attori. “Gnocca” Charlize è sempre brava (e bella, per usare un eufemismo), ma il suo personaggio (a tratti intenso) è sviluppato troppo sopra le righe, e la sudafricana non regge molto bene il controllo dell’espressione facciale durante i numerosi urlacci che Ravenna tira ai suoi scagnozzi; per Hemsworth e la Stewart (entrambi già “apprezzati”, rispettivamente, in Thor e The Twilight Saga) il discorso è lo stesso, poichè entrambi si rivelano attori migliori delle due succitate prove ciofeca, ma al contempo mostrano ancora forti segni di debolezza (lui è consapevole di essere il sosia di Brad Pitt, e cerca di imitarlo anche nella recitazione, ma possiede un quarto del carisma di Mr.Jolie; lei, ogni tanto, si ritrova con la mascella bloccata alla “Bella” di Twilight, costretta a tenere la bocca aperta mentre ansima come un termosifone sfiatato). Bob Hoskins, completamente trasformato dagli effetti speciali nel nano saggio, ma cieco, Muir/Dotto, è efficace, ma la sua performance si riduce ad una sub-specie di cameo.

Ciò che Biancaneve E Il Cacciatore ha di positivo è soprattutto il livello tecnico; scenografie, trucco, costumi, effetti speciali, fotografia, concorrono a creare atmosfere davvero innovative (visto il plot di base), che spaziano dall’orrore dark della Foresta Oscura fino all’incanto fiabesco del bosco delle fate. Molto belli gli animali che popolano il magico bosco, soprattutto il cervo albino dalle abnormi corna ramate, interessanti sono anche i guerrieri di Ravenna, fatti di vetro nero; lo specchio, invece, è un grande gong dorato, che si liquefà, divenendo un semi-umanoide con cui la regina dialoga (ottima trovata). Certo, il debito verso Il Signore Degli Anelli è enorme (ma quale fantasy non lo possiede?) e siamo ben lontani dalla totale magia che trasudava dai disegni Disneyani nel 1937; eppure, visivamente, Biancaneve E Il Cacciatore riesce laddove la trama talvolta (spesso) fallisce.

Ovviamente si parla di un film di intrattenimento, certi scivoloni narrativi andrebbero concessi; ma ci sono dei momenti (come il succitato flashback sull’infanzia dell’antagonista, o la sequenza con il villaggio di donne sfregiate) che mi hanno fatto pensare “ehi, magari questo film può essere un prodotto di intrattenimento con alto potenziale innovatore e con un’anima del tutto inedita ed efficace”, un pò come, ad inizio stagione lo è stato Anonymous di Roland Emmerich: il fatto che non ci sia riuscito, che non abbia evitato tutte le trappole in cui questi film generalmente incorrono, mi ha un pò infastidito. Resta comunque una pellicola sicuramente godibile, dove l’occhio viene sollazzato a dovere, e (a tratti) anche il cervello, e con tre prove recitative, tutto sommato, sufficienti. Per una serata tranquilla, senza troppe pretese, è un valido titolo, ma ben poco di più.

VOTO: 2,5/5 

MOVIEQUOTE

Labbra rosso sangue, chioma di nero fulgore … cara Biancaneve, dammi il tuo cuore!

LEGENDA VOTI

5/5=10  4,5/5=9  4/5= 8  3,5/5=7,5  3/5=7  2,5/5=6  2/5=5  1,5/5=4  1/5=3  0,5/5=2  0/5=0