Per la terza sezione della Classifica Stagionale si entra nella TOP20, con i dieci film che ne occupano la parte più bassa (qui quelle della Stagione passata): pur non avendo raggiunto le ambitissime prime dieci posizioni, queste pellicole si sono già sufficientemente distinte dalle 20 finora catalogate, e dunque si meritano un plauso ben maggiore (nonché l’onore di essere classificate propriamente, invece che elencate per ordine alfabetico). Come sempre, cliccando sul nome della pellicola potrete leggere la recensione relativa.
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20) Julieta, di Pedro Almodòvar (2016)
Julieta è il solito melodramma alla Almodòvar: tragiche morti, espressioni al limite del grottesco e pianti alla greca sono le tre principali caratteristiche di una vicenda quasi esclusivamente femminile, fatta di complicatissimi rapporti familiari e tentativi di psicanalisi. Nonostante un pessimo finale, la vicenda è scritta in maniera sufficientemente efficace, ci sono alcune sequenze davvero ispirate (il treno), e la bravura degli interpreti dona quel quid in più per aggiudicarsi (seppur di pochissimo) la “Top20”.
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La pellicola di Scott Cooper sarebbe potuta essere molto di più: l’interessante rapporto che lega i due personaggi principali (un poliziotto che favorisce i criminali per un sincero slancio di riconoscenza) e la personalità di questo “Whitey” Bulger (che non sembra davvero cattivo, solo moralmente distorto) danno un tocco in più ad una banale vicenda di gangster, ma non sono sufficientemente approfonditi per far davvero spiccare il volo all’intero film. Plauso a Johnny Depp, che si libera dei fantasmi eccentrici di Jack Sparrow e mette nuovamente a segno (alleluia!) una valida performance.
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Tom Hooper prende una vicenda interessantissima come quella del primo transessuale accertato della storia e ne ricava un perfetto biopic classicheggiante: purtroppo la pellicola è sin troppo lunga, e lo script che la sorregge perde colpi in maniera incredibile nella seconda metà (incredibile che manchino le idee con un personaggio tanto complesso da raccontare!), per poi chiudere in maniera quasi ridicola su un paio di scene melense e ricche di terribili frasi ad effetto. Plauso ai due attori protagonisti, davvero intensi.
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L’opus #8 di Quentin Tarantino è uno strano riciclaggio (quasi come se mancassero le idee) di pellicole precedenti (Le Iene, Django Unchained) dalla durata eccessiva (venti-trenta minuti meno non avrebbero guastato), con in più una moralina anti-razzista di fondo che produce l’effetto opposto a quello che dovrebbe nelle intenzioni del regista-sceneggiatore (facendoti odiare il comandante negro Warren, per il quale dovresti fare il tifo nella sua rivincita contro i bianchi). Ad ogni modo, un grande cast in pallissima e le solite validissime sequenze pulp portano agilmente il film nella “Top20”.
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16) Anomalisa, di Charlie Kuafman & Duke Johnson (2015)
Laddove Charlie Kaufman ha sempre eccelso (l’originalità delle pellicole), Anomalisa fallisce: questo non sarebbe assolutamente un male – alla fin dei conti un film realistico non è necessariamente peggiore di uno più originale, tutt’altro! – ma la nuova pellicola del geniale sceneggiatore sembra un po’ fine a sé stessa a livello di tematica morale, e presenta un finale debole e affrettato. Tuttavia le commoventi animazioni, i dialoghi perfettamente centellinati e la dolcissima sequenza della notte d’amore tra Michael e Lisa valgono da sole il prezzo del biglietto.
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15) Room, di Lenny Abrahamson (2015)
Il film indie dell’annuale serata degli Oscar, Room presenta un’idea di base davvero accattivante e particolare, che porta in effetti ad una prima metà ottimamente realizzata sotto ogni punto di vista ed estremamente poetica. Peccato solo che la pellicola prenda nella seconda metà una direzione che personalmente non ho apprezzato molto (quella del rientro di madre e figlio nel mondo reale) e che trovo non sia neppure realizzata bene quanto la prima metà. Altra grande coppia di attori protagonisti, ai quali va il mio personale plauso.
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J.J. Abrams prende la saga cinematografica più famosa di tutti i tempi e opta per un reboot nel segno del classico (molti hanno lamentato somiglianze con l’episodio IV, come se questo fosse effettivamente un male – non si tratta di pigro riutilizzo, ma di rivisitazione moderna del classico) con alcuni tocchi di moderna drammaticità (il cattivo Kylo-Ren, profondamente dilaniato e per questo più debole della protagonista – a mio avviso, una scelta veramente interessante). Peccato solo per alcuni mancati approfondimenti (soprattutto sul passato della protagonista e sul personaggio del pilota), ma confido che saremo soddisfatti in tal senso dai prossimi episodi.
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13) Love & Mercy, di Bill Pohlad (2014)
Un arrivo in ritardo per la distribuzione italiana (il primo di due che si troveranno all’interno di questa Classifica), Love & Mercy è un efficace biopic sulla vita di Brian Wilson e sulla sua straordinaria capacità di fare musica: forse la pellicola necessitava di qualche minuto in più per approfondire meglio alcune tematiche (come il rapporto tra Wilson e il dottor Landy), ma le due storie narrate (quella della creazione di Pet Sounds e quella della relazione salvifica fra Brian e Melinda) sono efficacemente strutturate, presentano alcune sequenze davvero commoventi e possono contare sull’interpretazione di tre attori (Dano, Cusack e la Banks) davvero in grande spolvero.
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Veloce Come Il Vento è un film italiano che presenta un livello tecnico davvero molto alto: le scene di corsa e gli inseguimenti clandestini tra macchine sono davvero inappuntabili, e reggono il paragone con le più pompate produzioni a stelle e strisce. Tuttavia la trama del film è in gran parte molto banale, assolutamente non all’altezza della qualità tecnica. Ma grazie ad uno straordinario Accorsi (che recita in maniera molto meno compassata, gigioneggiando efficacemente in romagnolo) ecco che la pellicola di Matteo Rovere diventa capace di regalare momenti di alta intensità e commozione, ed è quindi meritevole di un piazzamento finale di tutto rispetto.
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Nonostante mi sia un po’ scaduta con il tempo (forse anche a causa del riconoscimento come Miglior Film agli ultimi David Di Donatello, sinceramente eccessivo), l’ultima commedia di Paolo Genovese rispetta quelli che sono gli standard del regista: film meno stupidi di quanto il genere ci abbia abituato a vedere in Italia, che sanno far ridere ma tentano anche di far riflettere (amaramente) tra una risata e l’altra. Coadiuvato da un cast di tutto rispetto che incarna alla perfezione i protagonisti della vicenda, Perfetti Sconosciuti riflette efficacemente su un microcosmo fatto di apparente serenità, che in realtà nasconde segreti inconfessabili anche per coloro che dovrebbero essere i nostri più stretti confidenti.