Classifica Stagionale 2014/2015: Il Fondo Del Barile + La Panca

E così anche quest’anno è arrivata la personalissima, opinabilissima, Levissima Classifica Stagionale del Cinemalato! Come dovreste ormai sapere, i film presi in considerazione non si riferiscono all’anno di produzione, quanto a quello di distribuzione nelle sale italiane: a contendersi i posti in classifica saranno dunque tutte le pellicole uscite nel periodo compreso fra l’1 Agosto 2014 ed il 31 Luglio 2015 che il sottoscritto è riuscito a visionare.

Genericamente, 5 sono le sezioni di cui si compone la classifica: ecco un rapido recap, per quelli di voi che non rimembrano.

Si parte con “Il Fondo Del Barile”, ovvero tutti i film che non hanno raggiunto la sufficienza nella valutazione (da 2/5 in giù); si prosegue con “La Panca”, ovvero quelle pellicole che hanno raggiunto almeno la sufficienza (2,5/5), ma non hanno preso abbastanza da entrare in TOP20; si passa poi alla TOP20 vera e propria, suddivisa in “Parte Bassa (20-11)“, “Parte Alta (10-4)“,  ed infine “Il Podio (3-1)“.

Tuttavia, questa Stagione è stata tanto povera di titoli interessanti, che il vostro affezionato critico amatoriale è riuscito a visionare solo 28 pellicole. Dunque ci sarà una piccola modifica: il primo appuntamento non sarà quello canonico (ovvero quello con i flop, le grosse delusioni, gli orrori), ma vedrà una compressione di “Fondo Del Barile” e “Panca”. Questo per un semplice motivo: eliminando i titoli della top20, sarebbero rimasti fuori solo 8 titoli; di questi, ben 6 facevano parte del “Fondo”, dunque la “Panca” avrebbe previsto la suprema quantità di 2 pellicole, e mi sembrerebbe di sprecare un post per un gruppo così poco numeroso.

Ad ogni modo, la regola suprema rimane intatta: come tutti gli anni, “Il Fondo Del Barile” e “La Panca” saranno elencati in ordine alfabetico, e non classificati (potrete comunque distinguere tra i due gruppi: i titoli del “Fondo” hanno il nome del regista colorati di grigio, quelli della “Panca” in violetto) ma semplicemente per ordine alfabetico. Cliccando sul titolo potrete leggere la recensione relativa alla pellicola, quando disponibile.

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American Sniper, di Clint Eastwood (2014)

Il buon Clint prosegue imperterrito nel suo cammino discendente. Lo so che ad una leggenda come Eastwood, un calo alla veneranda età di 85 anni lo si dovrebbe anche concedere: ma quando penso ai filmoni girati in passato da quest’uomo, alla sue trame tanto solide quanto emozionanti, ai suoi personaggi scritti e scavati nel marmo, alla sua sapiente e classica regia, mi si forma un discreto groppo in gola al vederlo realizzare filmetti di semolino riscaldato, animati da personaggi macchietta (J.Edgar/Invictus) o impossibili da penetrare/empatizzare (Sniper, per l’appunto). Speriamo nel miracolo, o nel ritiro.

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Annabelle, di John R. Leonetti (2014)

Tra i primi film visti questa Stagione, Annabelle avrà anche dalla sua i produttori de L’Evocazione, ma manca totalmente l’intelligenza, la raffinatezza, l’efficacia horror di quello che dovrebbe essere il suo predecessore (del quale, al contrario, si è impossessato esclusivamente per quanto riguarda il personaggio della bambola, rendendola uno stupidissimo canale d’ingresso per presenze demoniache). “Anabellamerda”, com’è stato definito da qualcuno – con molta più efficacia ed intelligenza del film stesso, probabilmente il peggiore visto in questa Stagione.

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Big Eyes, di Tim Burton (2014)

A proposito di registi in picchiata totale, Tim Burton non fa – ahimè – eccezione. Certo, Big Eyes è già superiore ad Alice In Wonderland e Dark Shadow, ma non è che ci volesse poi molto: e se alcuni spunti potrebbero anche essere interessanti, l’atmosfera realistica, la trama a tratti affrettata e i personaggi macchietta rovinano ogni potenziale. Lana Del Rey, se non altro, ci regala un’altra bella canzone con la title-track della OST: magra consolazione.

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The Giver – Il Mondo Di Jonas, di Phillip Noyce (2014)

The Giver – Il Mondo Di Jonas vince a mani basse il premio di “film peggio strutturato dell’anno”. Partendo da un interessante spunto di base, gli sceneggiatori sputtanano ogni potenziale del suddetto spunto, limitandosi a stiracchiarlo: il risultato è un film con buchi di trama pazzeschi, forzature micidiali e frettolosità immotivata. Che, combinato con le visioni-lezioni di Jonas (il trionfo del perbenismo e del radical-chic in HD, con Nelson Mandela che si alterna a tigri del Bengala come se non ci fosse un domani ad indicarci le bellezze del mondo), rende il tutto un discreto flop.

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Jupiter – Il Destino Dell’Universo , di Andy & Lana Wachowski (2015)

Già il Matrix numero 2, all’epoca, mi aveva mostrato un gigantesco passo indietro rispetto all’ormai cult capostipite, ma i fratelli Andy & Lana fanno anche di peggio: Jupiter è imbarazzante, da tanto è scritto con noncuranza, superficialità e confusione. La protagonista non ha una personalità chiara nè un obiettivo definito; la sua relazione con il lupacchiotto-Channing Tatum imbarazzante (e perchè mal sviluppata, e perchè ormai qualsiasi lupacchiotto mannaro mi rimembra Twilight); e la successione delle vicende e dei cattivi è ben poco felice (basti vedere la pateticamente facile risoluzione della seconda battaglia, poco prima del matrimonio di Jupiter). Insomma, un pastrocchio scritto con i piedi, a cui non basta l’impianto tecnico e il buon cast per redimersi.

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Mia Madre, di Nanni Moretti (2015)

Il buon Nanni nazionale, come altri registi già citati, prosegue il suo declino: dopo Habemus Papam, un’altra pellicola francamente evitabile. Là dove il film con Piccoli aveva un’idea originale male impegnata (soprattutto nel finale), qua abbiamo un’idea di fondo banalissima che a tratti rende (soprattutto grazie alla straordinaria Nonna di Giulia Lazzarini), a lunghissimi tratti annoia o lascia perplessi (il personaggio di Nanni Moretti fa davvero fatica a farsi apprezzare nell’economia del film).

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Sin City – Una Donna Per Cui Uccidere, di Frank Miller & Robert Rodriguez (2014)

Là dove il prequel del 2005 aveva una certa originalità visiva, accompagnata da una trama che (almeno per 2/3) possedeva un’ottima struttura e dei grandiosi personaggi da insta-cult, Sin City – Una Donna Per Cui Uccidere arriva dopo 9 anni a rovinare gran parte del ricordo legato all’originale. La tamarraggine insensata dell’ultimo episodio dell’originale diviene qui la chiave dominante, relegando la classe noir di “Bastardo Giallo” e la brutalità splatter dello scontro tra Kevin e Marv nell’angolo: fatto sta che l’orgia di poppe, erotismo e labbra infuocate non basta a creare una valida spina dorsale per le tre storie del film, che risulta stupido e di “serie B” (nella peggiore accezione possibile del termine).

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Vizio Di Forma, di  Paul Thomas Anderson (2014)

Paul Thomas Anderson ci regala l’ennesimo film dalle alte velleità e dalla scarsa realizzazione: trama inesistente, personaggi macchietta, condite da un’ottima regia che crea belle atmosfere noir. Che il romanzo alla base sia confusionario non mi interessa: è dovere del regista fare un briciolo di chiarezza, e se la trama del romanzo è davvero così stupida ed inconsistente (sesso e droga a fiumi senza una motivazione, senza che un personaggio o uno snodo della trama siano davvero approfonditi/interessanti) non c’è bisogno di mantenersi fedele al cartaceo. Ma più probabilmente è il solito problema che si frappone fra me il buon PTA: apprezzo le sue atmosfere e le sue “visioni”, molto meno apprezzo le sue vicende/personaggi/momenti da radical-chic snob e intellettualoide.

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A Bischero Sciolto – Cinemalato #3 (22/01/2015)

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22/01/2015. Son già 3 anni, mi sento vecchio – ma che vecchio! DECREPITO! – e come tale ho proprio voglia di mettemi a borbottà e a rompe i coglioni a tutti quanti nei dintorni, nessuno escluso. Perchè oggi è il mio… come si dice, un mi rinvengo… onomastio no, qualcosa di simile… insomma, fo l’anni, ecco. Io, il Cinemalato, quello che morti di voi seguono così, tanto per sentì un bischero che ragiona un po’ sui films, e poi andagli di molto in culo alla sua opinione – tanto a voi Interstellar v’ha fatto caà, e un sentite santi.

Vi potrà stupire che un parli come al solito, ma il fatto è che m’andava di fà ‘sta osa un po’ a bischero sciolto. Sapete perchè? No, e un ve ne frega un cazzo, suppongo. Ma anche a me m’importa una bella sega, e dunque proseguo nello sproloquio, tanto il blog è mio e vi sfido a rompemmi l’ova nel paniere.

Come dicevo, dopo 3 anni – che poi son di molti mesi, settimane, giorni, ore, e giù via così fino all’unità di misura che dopo cinqu’anni di Lettere un mi riordo manco morto (maledetta la Fisica e chi l’ha inventata) – uno si mette un po’ a pensà al più e al meno: e si rende onto che, tra la sciatica e il reuma, tra una partita a scala e una a canasta, tra un liscio più al sabato e un moccolo alla domenica mentre guarda la Fiorentina (che quest’anno fa parecchio caà), qualcosa è cambiato. Sì, è cambiato e neanche di poco, no, no! Non che sia cambiato in peggio e in meglio, solo cambiato.

Anzi a tutto, ho più fans e followers – ora il numero di preciso un me lo riordo, ma almeno una diecina in più di siuro. Questo, come diceva l’omo ragnolo, che vol dì? Vol dì più responsabilità. Insomma, certo, un è che io sia chissàchi, ma magari la gente ci tiene ad avè un’opinione decente quando mi legge, e quindi mica posso scrive la prima cosa che mi passa per la mente! Devo ponderà, devo ragionà, devo sta attento a un offende la sensibilità di qualcheduno, eccetera… Insomma, un lavorone cari miei!

E me ne rendo conto, eccome! Ci son tanti di quei giorni in cui mi dio “ohiohi, c’ho da scrive la recensione di quer filme!”, e la mia vocina dell’efficienza – che è di molto flebile, perchè io sarei un tipo che sta tutto il giorno abbioccato a buopillonzi! – inizia a fa “no, dai, almeno aumenti le visualizzazioni, che qui la cosa langue da un po’ di tempo”, e però poi piglia il sopravvento il culo peso e un fo nulla. O se fo, fo un po’ controvoglia: cioè, un è che mi faccia proprio schifo, ma insomma un è neanche che ci goda, ecco!

Però poi succede nella vita, che ci siano quelle cose… come le chiamava, il Giois?… non befane… Ah, epifanie, sì sì, ecco. L’epifanie! Cioè, quando ti rendi conto d’una osa che un ti rendevi conto ci fosse, ma invece c’era, e ti si spalanca un mondo. Perlomeno credo, insomma. Comunque, a me m’è successa l’altro giorno (che lo sapete, vero, che con “l’altro giorno” s’indica un tempo che spazia dal giorno prima fino al decennio scorso, no? Quindi di preciso un lo saprete mai quand’è stato!), quando un mio amico di quelli dei bei tempi andati del liceo s’è messo in testa d’aprì un blog pure lui.

E lo sapete cosa? A prima vista pare che un abbia un senso che uno. Voglio dì: quel che fa lullì è pratiamente di parlà in dialetto misto-toscano tutto il tempo, a ragionà di ose che un lo so tanto bene chi è che le vorrebbe davvero sta a sentì. Però mi ci son fatte delle grosse risate, lo devo ammette, e in più m’e giunta la befana ad aprimmi l’occhi. Per farla breve, che qui sennò poi un me lo leggete per nulla il post e io c’ho messo tutto il mi cuore e mi farebbe incazzà non poco, m’è tornato in bocca un gusto che un provavo da un po’: il gusto della semplicità, della osa fatta lì per lì di getto, del “bischero sciolto” perlappunto.

E allora ve lo voglio raccomandà questo coso qui… Il mio amico insomma. Lo fo come ringraziamento a lui perchè m’ha fatto ride e riflette al contempo, e a voi perchè seondo me vi ci divertite a legge di che ragiona il buon Carlo. Poi, se invece un vi diverte per un cazzo, e se questo post v’ha fatto schifo e un ne capite il senso, beh: un me ne potrebbe fregà di meno. L’ho fatto per tutti, ma l’ho fatto soprattutto per me! Perchè fa bene, ogni tanto, limitassi a fa du discorsi a bischero sciolto, e riscoprissi bravi a ragionà tanto per il gusto di fallo. E lui lo fa di morto bene (se un l’aveste capito, dovete cliccà sulla frase prima della parentesi per andà sur sito!)

(Di seguito, i soliti dati di cui un ve ne frega un cazzo, ma che mi fanno godè quando li leggo e li vedo belli ingrassati a son di visualizzazioni: grazie dumila a tutti!)

VISUALIZZAZIONI TOTALI: 20338 (7228 annuali)

POST PUBBLICATI: 164 (43 annuali)

FOLLOWERS: 49 (15 annuali)

TOP 5 POST 

1) Il Grande Gatsby Vs Il Grande Gatsby / 1289 Visualizzazioni

2) L’Esercito Delle 12 Scimmie / 729 Visualizzazioni

3) Il Lato Positivo – Silver Linings Playbook / 561 Visualizzazioni

4) Vita Di Pi / 502 Visualizzazioni

5) Don Jon / 434 Visualizzazioni

FLOP 5 POST 

1) Un Ragazzo D’Oro / 9 Visualizzazioni

2) Into Darkness – Star Trek / 11 Visualizzazioni

3) Annabelle / 12 Visualizzazioni

4) Lo Sciacallo – Nightcrawler / 14 Visualizzazioni

5) Sin City Vs Sin City 2 – Una Donna Per Cui Uccidere / 15 Visualizzazioni

 

Sin City (2005) Vs Sin City – Una Donna Per Cui Uccidere (2014)

LO SCONTRO

Da molto, troppo tempo (ben un anno e passa), mancavano i “Vs.” del Cinemalato: l’uscita dell’episodio numero 2 del cinefumetto più cult di sempre mi permette di rispolverare questa categoria, finita un po’ nel dimenticatoio. Che lo scontro abbia inizio!

Quando Sin City uscì al cinema nel lontano 2005 io non lo vidi. Rappresentava una discreta novità, comunque, dal momento che si trattava di una sorta di “cine-comic”, vero e proprio “trasporto” – non trasposizione – di un fumetto (con tutte le sue atmosfere e “regole”) su pellicola. E a prescindere da questo suo merito, la qualità della pellicola era notevole (per quanto gli influssi tarantiniani, particolarmente Kill Bill, si facessero sentire). Ovviamente non tanto per merito dei personaggi/episodi rimasti più impressi nella memoria pubblica (ovvero il massacro della città vecchia con Clive Owen e Rosario Dawson, la “letale piccola Miho”, eccetera), quanto per il meraviglioso duetto Willis/Hartigan-Alba/Nancy sulle fumose note di un noir vecchio stampo, condito con una vitale modernità di stampo fumettoso e quel “bastardo giallo” così putrido e perfetto come cattivone di turno. Perchè il problema grosso di Sin City, l’unico vero problema, era quell’equilibrio instabile fra splatter e tamarro – fra eleganza e abuso nell’utilizzo di effettoni speciali, sangue, colore… -, che non sempre riusciva a mantenere.

Sin City – Una Donna Per Cui Uccidere è invece uscito in un periodo ben diverso, mancando ormai di possedere quell’inedita forza aggiuntiva dell’originale (impossibile, dopo l’uscita di numerosi film del genere come il sopravvalutatissimo 300). Ma non è questo che conta, alla fine dei conti: vale molto di più l’approccio, totalmente diverso, che ho riscontrato e che rende la pellicola immensamente inferiore all’originale.

Qua la componente tamarra è diventata sovrana, si cerca solo e soltanto il sangue facile, l’uccisione spettacolare, la frase ad effetto, e lo si fa premendo esageratamente sul pulsante dell’irreale. Il bestione interpretato da Mickey Rourke (Marv) non era un sottospecie di robot invincibile nel primo Sin City, ad esempio: il suo scontro con Elijah Wood/Kevin aveva un che di sovrannaturale, eppure (senza eccessi di sangue, con una “sconfitta” a testa nel corso di due scontri) era ancora perfettamente credibile – esattamente quel genere di atmosfera “in precario equilibrio” di cui parlavo prima. Qua Marv mena le mani in maniera inarrestabile, schiva proiettili come neanche un pokemon che avesse usato doppioteam 6 volte, e sembra solo un bestione senza cervello – non quel rude e rissoso macellaio-gentiluomo che emergeva dal rapporto con Goldie nel primo film.

La tamarraggine, tuttavia, è fortemente collegata con l’elemento femminile. Parliamoci chiaro. Rosario Dawson che spara a manetta con un mitra roteando la lingua come una spiritata è figa, ma non cinematograficamente parlando: è figa perché la si tromberebbe molto volentieri. La presenza di donne killer nell’episodio di Clive Owen è forse il motivo principe per cui tale episodio sia il peggiore del primo Sin City: la pellicola del 2005 era “maschia”, ovvero l’azione era affidata all’uomo e la donna serviva come motore, come principessa indifesa – non c’era nulla di sessista in questo, era solo la formula adottata, e funzionava alla grande. Nel terzo episodio del primo film, le parti si invertivano, e il tutto assumeva proporzioni di tamarraggine e ridicolezza assolute. In Sin City – Una Donna Per Cui Uccidere, in perfetto contrasto con il titolo, sono le donne a farla da padrona: ma Rosario Dawson è sempre tamarra, Eva Green un personaggio assolutamente scontato (per quanto più figa che mai), e Nancy-killer-dalla-mira-perfetta semplicemente non funziona (dov’è finito l’angelo biondo, indifeso simbolo di purezza che l’enorme Hartigan di Bruce Willis voleva preservare dal contagio con la corruzione di Sin City, incarnata dal bastardo giallo di Nick Stahl?).

IL VERDETTO

Solo in un piccolo episodio, uno solo, Sin City – Una Donna Per Cui Uccidere si redime: guarda caso, l’episodio dove la donna torna di nuovo ad essere solo il motore dell’azione – guarda caso, l’episodio senza lieto fine (stesso caso del “Bastardo Giallo”). Uno statuario Gordon-Levitt ci porta a vivere il suo dramma personale, un dramma familiare crudelissimo con una risoluzione magnifica, ricordandoci cos’è Sin City: il luogo del peccato, dell’immondizia dell’anima, della vergogna morale eretta a statuario monito di grandezza per le generazioni future. E come Hartigan/Willis, Gordon-Levitt/ Johnny combatte la sua piccola (seppur parzialmente vana) crociata contro questo male assoluto, donando un barlume di sincera commozione allo spettatore così come un segno di speranza: purtroppo per lui, non c’è nessuna speranza che Sin City – Una Donna Per Cui Uccidere batta il predecessore, molto più equilibrato e moderato nei toni, con personaggi e vicende di spessore palesemente maggiore, con una valenza estetica inedita e ben sfruttata (per quasi tutta la pellicola). E così si conclude questo primo “scontro”, dopo tempo immemore.

“LOCANDIMETRO”

IL VINCITORE