Secondo appuntamento con la Classifica Stagionale del Cinemalato! Stavolta è il turno della “Panca“, ovvero tutte quelle pellicole che non hanno raggiunto la “TOP20“, ma che neanche sono scese sotto la sufficienza. I film in questione sono 13, 4 in meno della scorsa Stagione: anche stavolta saranno elencati per ordine alfabetico, non per classifica vera e propria. Come sempre, potrete leggere la recensione relativa al film cliccando sul titolo della pellicola (ove disponibile).
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Amour, di Michael Haneke (2012)
Premettendo che questo è stato il mio primo film in assoluto del signor Haneke (non certo l’ultimo arrivato, basti pensare ai 3 premi vinti a Cannes con 3 diverse pellicole!) e che quindi alcune note di stile dell’Autore mi possono sfuggire, è indubbio che Amour non sia proprio “amore” a prima vista. Un po’ banale e al contempo un po’ eccessivo, anche se ottimamente recitato, non è decisamente (a mio avviso) il migliore lavoro passato per Cannes quest’anno. Forse conta anche quel plagio abbastanza palese al Nido Del Cuculo, chi può dirlo…
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Cogan è un film che parla di un vuoto, e come tale è esso stesso vuoto. Rispetto ad altri titoli, però (Somewhere, o – per restare nella Stagione – Spring Breakers), è decisamente più noioso, o comunque meno coinvolgente/potente. Non per tutti i palati (senza alcun snobismo). Ottima la gestione del cast, con Pitt e il suo personaggio che non sovrastano gli altri attori.
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Un film grottesco, che grottesco però non è se non nel finale. Ed è sostanzialmente la conclusione della vicenda a risollevare un po’ le sorti di È Stato Il Figlio, fino a quel punto commedia poco divertente, con personaggi non sempre realizzati in maniera felice. Ottimo cast, su cui spiccano il solito Toni Servillo e l’inquietantissima Nonna Rosa/Aurora Quattrocchi.
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Se dovessi trovare un motivo per cui Side Effects si trova in panchina, direi sostanzialmente perchè “è il solito thriller”, perchè per il resto la storia è ben architettata, i colpi di scena in parte notevoli, il cast intelligentemente piazzato e sfruttato (compreso il muscoloso e inespressivo Channing Tatum). Diciamo che come film non “rimane” (sto parlando come la Ventura ad X Factor, e questa cosa è preoccupante).
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La Commedia di Paolo Genovese non è purtroppo riuscita ad entrare in “Top20“. Lo dico perchè, come l’anno scorso Warrior, Una Famiglia Perfetta è il mio #21 della Stagione: sicuramente c’entra il mio amore per il genere, troppo spesso recentemente bistrattato dai Cinepanettonari (& Co.) Italiani, che dunque fa salire le quotazioni di una pellicola scritta in maniera decisamente più intelligente e “coinvolgente”. Peccato che in alcuni momenti il montaggio faccia acqua, e il personaggio di Francesca Neri appaia totalmente casuale: alla fine non sono riuscito a non tenerne di conto.
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The Master, di Paul Thomas Anderson (2012)
“Stranamente” il nuovo film di Paul Thomas Anderson è registicamente imponente e impressionante (non nel senso “Cameroniano” del termine); “stranamente” il nuovo lavoro del regista americano presenta un cast favoloso, dove il protagonista (Joaquin Phoenix) recita da Dio (e anche il suo co-protagonista, Seymour Hoffman, non sfigura affatto); “stranamente”, come già accaduto con Magnolia, non ho capito manco per un secondo dove volesse andare a parare la storia (e quando l’ho capito avrei preferito non averlo fatto). Siamo alle solite: sicuramente sarà un mio limite, ma difficilmente le vicende narrate dal buon PTA sanno colpirmi positivamente.
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Sostanzialmente questa pellicola è la solita Commedia Romantica made in U.S.A. trita e ritrita, perlomeno a livello di personaggi, vicenda e finti finali con “colpi di scena” riparatori. Però, un po’ per gli attori (Meryl Streep, Tommy Lee Jones, Steve Carell), un po’ per la “serietà” con cui Frankel (già regista de Il Diavolo Veste Prada) gestisce le atmosfere del suo nuovo film, ecco che alla fine Il Matrimonio Che Vorrei si rivela una visione piacevolmente sincera, immeritevole del “Fondo Del Barile“.
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Les Misérables è il classico Musical: musiche coinvolgenti (con due-tre cavalli di battaglia per i singoli attori/star del cast), atmosfera teatrale-patetica, scenografie di indubbia spettacolarità. Come piccolo “pro” aggiuntivo c’è da segnalare le ottime prove di Anne Hathaway (premiata con l’Oscar) e Russel Crowe (sorpresa, sorpresa!): come piccolo “contro” l’odio profondo che la pellicola mi ha instillato nei confronti dei “buoni” (che goduta quando il bambino biondo muore!). All in all, it’s just another brick in the wall film nella media.
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Oblivion, di Joseph Kosinski (2013)
Kosinski si era già segnalato per la sorpresa Tron Legacy (film visto una sera di ordinaria noia su Sky, rivelatosi un’ottima pellicola di intrattenimento con tanto di colonnone sonoro firmato Daft Punk), e con Oblivion si conferma in parte. Alcune cose del suo nuovo lavoro, soprattutto nella distesa parte iniziale, funzionano e anche bene (supportate dal duetto fra il mestierante Cruise e l’ottima Riseborough): purtroppo ci si perde in un finale-americanata notevole, che rende Oblivion il “solito film d’Intrattenimento”, facendogli perdere un po’ quello smalto mostrato all’inizio. Attendo comunque fiducioso la prova del 9 con la prossima pellicola.
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On The Road, di Walter Salles (2012)
Alla voce del dizionario Italiano-Inglese/Inglese-Italiano di Zanichelli, se si cerca “Tempo” e si scorre fino all’espressione “fuori T. massimo“, si scopre che la corretta traduzione anglosassone per tale frase fatta è “On The Road by Walter Salles”. Devo dire che il signor Zanichelli non ha assolutamente tutti i torti: un film tratto dall’omonimo libro del 1957 (che più di ogni altro parla e descrive degli anni ’50), girato nei ’10 dei 2000, dopo che una miriade di altre pellicole ci hanno già illuminato in maniera più o meno ampia su tale periodo. Direi che più “fuori T. massimo” di così si muore.
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Skyfall, di Sam Mendes (2012)
Com’era da prevedersi, il primo incontro con il famoso Bond, James Bond non è stato dei più memorabili. Sicuramente non sono neanche andato a scegliermi uno dei capitoli più famosi/appetibili, ma confidavo in minima parte nel nome che sta dietro la cinepresa (Sam Mendes: American Beauty): ho sempre più l’impressione, tuttavia, che il buon Mendes sia più quello di Revolutionary Road che non del Capolavoro datato 1999…
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Una pellicola di un autore esordiente, con tutte le imperfezioni dell’Opera Prima e dell’immaturità “Cinematografica”. Un ottimo cast, ben diretto dal giovane regista, su cui spiccano Giorgio Colangeli e Roberta Caronia e un’ottima Colonna Sonora fanno da supporto ad una sceneggiatura che soffre di alcuni cali, di alcune debolezze/ingenuità narrative, ma che comunque non si sfalda mai. Sicuramente non un Capolavoro, ma una solida base/punto di partenza per il futuro.
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Benvenuti, lor signori, alla sagra del “Premio a casaccio”! L’ultima fatica della regista (unica donna Premio Oscar per The Hurt Locker) è un film “in fieri” per tutta la prima parte, dove tantissime tematiche vengono accennate ma non approfondite, per poi mutarsi in una bomba al cloroformio nella seconda sezione, quella pseudo-Documentaristica. Ma comunque, che ce frega? Golden Globe come Miglior Attrice Drammatica alla Chastain (perchè è gnocca e algida, e in una scena sbrocca alla grande! Brava Jessica!), ottocento nomine a caso agli Oscar (Miglior Sceneggiatura! Alè alè!) e Critica in visibilio! Questo ed altro ancora alla sagra del “Premio a casaccio”, dal 31 Luglio a Poggibonsi alta!